SEMPRE SULLA NARRATIVA IN VERSI

 Per proseguire a discorrere della narrativa in versi ho piacere di raccontare come abbia avuto un periodo (negli anni precedenti e successivi il 2010) nel quale ho scritto solo in questa forma stilistica. 

 APPUNTAMENTO CON IL NOTAIO è stato pubblicato prima da Vibrisse libri nel 2007 (artefice Giulio Mozzi) e dopo, nel 2009, da Lorenzo Barbera editore (casa editrice non più esistente). In seguito ho scritto GRANDE MAGO, CASA AL MARE, LO SCOGLIO DEL BERSAGLIERE e TACNA,  tutti romanzi brevi di 120.000 battute. L'ultimo, scritto molto dopo i primi 5, è stato AUTODAFE' DI UNA MOGLIE, che è stato giudicato interessante dall'editore VENTURA di Senigallia e che verrà pubblicato nel prossimo mese di ottobre

Mi piace fornire degli estratti da CASA AL MARE, uno dei lavori in versi che, insieme a GRANDE MAGO, forse più mi ha impegnato. Sono tre pezzi, scelti in parti diverse del romanzo, che trattano alcuni momenti della crescita della figlia del protagonista e io narrante

Ha ancora il ciuccio, il naso che cola in continuazione, graffi sulle mani.

Quando era piccola la facevate morire di attenzioni,

ansie smisurate per un centimetro quadro di pelle arrossata,

con tua madre, non ti ricordi?   La guardiana dell’ortodossia pediatrica.

E  adesso?   Vi va tutto bene?    Che è questa rivoluzione?

La bimba è seduta per terra sotto il tavolo della cucina,

un drappello di dragoni insegue un manipolo di barbie.

Affaccendata, silenziosa, ogni tanto mormora “santa madonna”.

Non vorrei intromettermi, ma sei sicura di tutto questo?



La bimba è diventata una ragazza.   Scuola elementare, scuola media.

E’ bassottina, silenziosa, il ciuccio l’ha buttato,

credo poco prima di iniziare a fumare.

L’ho scoperto di sabato, entrando nella latteria sotto casa,

non l’ho riconosciuta, mi impediva il passaggio, mi scusi.

Papà, sono io.  Ho visto subito la sigaretta,

non ha fatto nulla per nascondersi.

Ma quanti anni hai?   Tredici, papà, dovresti saperlo.

Fuma con voluttà, non ha paura, regge il mio sguardo allibito.

Papà, qualcosa che non va?     Niente, davvero, niente, scusami.

Ho chiesto subito alla madre, avevamo i primi telefoni cellulari,

se sapeva che la figlia fumava.     Sì, forse  me lo ha detto,

tanto, cosa vuoi farci, se fuma fuma, meglio che farsi di eroina



In piedi, in corridoio, saluta la mamma

e i nonni,  mi ignora, si volta, verso la sua camera.

No, cara mia.   La tengo per un braccio, un osso spolpato.

Cristo come sei magra figlia mia.   Gli occhi appannati, sbadiglia.

Papà, lasciami, voglio andare a dormire.

Non dichiaro, come avevo stabilito,

che per quanto mi riguarda può anche morire,

che la sua stupidità è senza limiti,

che mi adopererò in ogni modo per riparare a quel danno

e che per prima cosa da me non riceverà più un soldo.

Non risponde, si chiude accuratamente in camera,

via, subito, con la musica,

un suono penetrante, frusciante,

aria compressa fuggita, senza ritmo,

larga, diffusa, schiacciata sulle pareti.

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